Francesco Tonucci

Biografia

Nasce a Fano il 5 luglio del 1940, 25 giorni dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini. Suo padre Bruno, proveniva da una famiglia molto povera, i genitori analfabeti erano ortolani, non aveva potuto completare le scuole elementari e, per sopravvivere, fin da ragazzino aveva fatto i mestieri più diversi: apprendista calzolaio, cameriere d’albergo, commesso di una rivendita di olio, istitutore. Aveva infine conseguito il titolo di infermiere, che gli permise di esercitare questa professione nell’INAM di Fano fino all'età della pensione. La madre, Amelia Muratori, era casalinga ed aveva sviluppato grandi qualità domestiche: cuoca, sarta, ricamatrice. Si erano sposati nel 1938. Subito dopo il matrimonio, si erano alloggiati in un piccolissimo appartamento in affitto, poco lontano dall’Arco d’Augusto, fuori delle mura medioevali di Fano. Nel 1939 nasce Paolo, l’anno dopo Francesco, nel 1941 Giovanni e nel 1944 Marco.

Il suo primo ricordo, quando aveva tre anni, è il bombardamento della sua città a cui assistette dalla casa dei nonni materni. Un ricordo fantasmagorico per l’effetto dei bengala e delle bombe e straordinario per la notte passata in piedi con tanta gente nel rifugio, una grotta scavata sul greto del torrente.

Nel 1944 la città fu evacuata, e la famiglia si trasferì per alcuni mesi in un paese vicino. Ricorda di quel periodo la casa colonica, i giocattoli che costruiva il nonno falegname e il gabinetto in un capanno all’esterno.

Francesco Tonucci nel 1942

Ricorda i tedeschi che cercavano suo padre che si era nascosto nel campo di granturco. A Fano continuavano a vivere nel piccolo appartamento finché non ebbero diritto, una decina di anni dopo, ad una casa popolare a riscatto.

Del dopoguerra ricorda le truppe alleate, i negri, visti per la prima volta, gli scozzesi che sfilavano con il gonnellino al suono delle cornamuse. Ricorda le gomme americane e le saponette disinfettanti che regalavano i soldati alleati accampati vicino alla casa dei nonni.

A cinque anni all'asilo, come si chiamava allora la scuola dell’infanzia. Notare come nessuno né fra i bambini, né fra le insegnanti sorrida davanti alla macchina fotografica.

La scuola

Durante la scuola dell’infanzia (l’asilo) le maestre venivano nella sua classe per vedere i suoi disegni realizzati col gesso sulla lavagna nera. La scuola elementare ha lasciato solo pochi pallidi ricordi di noia, di timore per la bacchetta del maestro, di ammirazione per i bambini dell’orfanatrofio, più grandi perché ripetenti, con le teste rapate, con un mantello invece del cappotto e che resistevano impavidi ai colpi di bacchetta del maestro sulle mani.

La scuola media invece sono stati tre anni di sofferenza legata, quasi esclusivamente, alla difficoltà di capire e di imparare l’algebra, specialmente i binomi. Su questi compiti trascorreva i pomeriggi, spesso piangeva impotente e andava a ripetizione con un pesante senso di colpa per il peso economico che questo provocava alla sua famiglia.

Il gioco

Tanto la scuola è un ricordo sbiadito e grigio quanto il gioco è vivace e colorato. Dopo mangiato e dopo i compiti si usciva di casa. Una casa sulla via Flaminia, quindi con pericoli concreti, ma si doveva uscire lo stesso perché la casa non permetteva ai quattro figli di giocare e alla madre di fare tutto quello che doveva fra cucinare, cucire, lavare, stirare. Naturalmente c’erano delle regole: di tempo, di spazio, di comportamento, ma dentro quelle regole erano liberi di scegliere i compagni, i giochi e i luoghi. Si giocava molto, si giocava sempre, con ogni tempo e in tutti i posti disponibili. C’erano i giochi sull’asfalto, sul marciapiedi, sulla terra battuta, sull’erba e gli alberi. Si giocava nelle rovine della guerra, si giocava sulla e con la sabbia al mare. C’erano i giochi di città e quelli di campagna, a casa dei nonni. Si giocava con le figurine, con le biglie (inizialmente di terracotta), con i tappi di bottiglia, con le canne, con le ghiande, con la creta o con la carta. Le forbici erano uno dei principali strumenti di gioco.

Si giocava anche in casa, ritagliando figurine o inventando storie che coinvolgevano tutti e quattro i fratelli in vicende interminabili, per anni e anni.

A sei anni, davanti a casa, di ritorno dalla scuola elementare con gli amici. Si andava sempre e solo senza adulti fin dalla prima elementare e con loro Giovanni che andava all'asilo.

L’ Azione Cattolica

In tutta l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù ha avuto molta importanza nella sua formazione la militanza nell’Azione Cattolica nella quale ha svolto ruoli di responsabilità nella organizzazione di momenti formativi, di attività associative e ricreative come i quindici giorni di campeggio sulle Dolomiti che si organizzavano ogni anno e che aspettava per tutto l’anno.

A 21 anni come dirigente di Azione Cattolica mentre tiene un incontro in un campeggio estivo.

L’Istituto Magistrale

Terminata la scuola media, non essendo molto interessato allo studio e avendo risultati mediocri, decide, insieme alla famiglia, di rinunciare al liceo e iscriversi all’Istituto Magistrale per diventare maestro elementare. Questa scelta, certamente meno impegnativa, cambia completamente il suo rapporto con la scuola. Inizia ad avere buoni risultati e termina i quattro anni con una votazione molto alta all’esame di maturità riuscendo così a partecipare a due borse di studio: quella Picena per l’Università La Sapienza di Roma e quella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Le vince entrambe ed opta per Milano dove può godere di un posto gratuito presso il Collegio universitario Augustinianum.

L’Università

Per la prima volta lascia la sua piccola città per vivere in una grande città sconosciuta e che si presenta ostile, fredda e nebbiosa, inserito però nella intensa vita sociale del Collegio. Si iscrive a Pedagogia e nei quattro anni di studio molto duro riceve una robusta formazione filosofica avendo come professori persone come Bontadini e Vanni Rovighi. Debolissima invece la preparazione pedagogica. Si laurea con il massimo dei voti con una tesi in storia dell’arte: ha conosciuto quella che sarà la sua compagna di vita e ha fretta di terminare. Il 7 dicembre 1962 con il titolo di Franciscus, pontefice dell’Augustinuanum, incorona il cardinale di Milano Montini matricola honoris causa della neo inaugurata facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma. Essendo cardinale, dice, non permette il bacio dell’anello da parte di un pontefice e sette mesi dopo diventa Papa Paolo VI.

Al quarto anno di università, come Franciscus, pontefice dell'Augustinuanum, incorona il cardinal Montini matricola honoris causa della neonata facoltà di medicina della Università Cattolica di Roma

A Salò, sul lago di Garda con la fidanzata Mariuccia Zuccarelli.

Salò, la scuola, Mariuccia, Cervara, il militare e il caso come ragione della sua vita

Nel 1962 arriva a Salò, sul lago di Garda, per caso, su proposta di una sua collega di Università, come insegnante di lettere in una scuola media privata.

Accetta lo stesso incarico Mariuccia Zuccarelli, sua compagna di corso all’Università. A Salò incontra per la prima volta la scuola come insegnante e si innamora di Mariuccia. Si fidanza con lei e va a conoscere la sua famiglia e il suo paese, Cervara di Pontremoli, in mezzo ai castagni dell’alta Lunigiana.

Da subito lo sceglie come suo paese. Vivrà una seconda esperienza di scuola in una media statale, in un paese vicino a Fano, capendo che un buon insegnante deve essere interessante, creativo per non far annoiare gli alunni e giusto, per premiare i meritevoli e punire gli incapaci. Fra le due esperienze scolastiche si inserisce il servizio militare per 18 mesi come sottotenente di una compagnia Carristi.

Pur non avendo nessun interesse per la vita militare preferisce il ruolo di ufficiale che gli assicura uno stipendio necessario al suo futuro matrimonio.

Prima di sposarsi, conosce per caso Luigi Meschieri, professore di psicologia a Urbino, che gli propone di entrare come ricercatore all’Istituto di Psicologia del CNR a Roma di cui è direttore. Tonucci non sa cosa significhi CNR e chiede tempo. Si informa e accetta questa possibilità. Arriva l’estate del 1966 ma da Meschieri non giunge nessuna notizia.

1966 l’inizio della seconda vita: la famiglia, Roma, il CNR e i mattoni

In luglio si sposa con Mariuccia e al ritorno dal viaggio di nozze trova il telegramma di Meschieri che gli offre una borsa di studio a Roma in attesa del concorso per entrare al CNR. Caricano la 500 (sua prima auto) con tutto quello che può contenere e che sarà necessario per vivere in una nuova città (vestiti, tegami, libri, colori, attrezzi fondamentali, un fornellino a gas, stoviglie e funghi) e partono per Roma, dove comincia la loro seconda vita.

A Roma non conoscono nessuno, non hanno parenti o amici. Trovano un piccolo appartamento in una mansarda compatibile con i pochi soldi della borsa di studio.

A giugno dell’anno successivo nasce Stefano, nel 1968 Francesca e nel 1970 Simone. Mariuccia si dedica a loro e torna a lavorare come insegnante solo successivamente.


Inizia il lavoro al CNR collaborando con colleghi che studiano problemi di apprendimento scolastico e disegna personaggi per un test per bambini che valida e pubblica insieme ad un altro collega più anziano.

Per poter festeggiare il Natale e fare qualche regalo produce dei “mattoni” ferma-porte o ferma-libri, trasformati in pupazzi con l’inserimento di pelle e stoffe che vende ad un negozio di via Frattina, nel centro di Roma.

I figli e i nipoti

I figli scelgono ognuno la sua strada secondo le diverse attitudini e vocazioni. Stefano è architetto, Francesca psicoterapeuta e Simone grafico, editore di una casa editrice per bambini dal suggestivo nome rodariano “Orecchio acerbo”. Ciascuno per suo conto percorrono strade vicine agli interessi del padre: la città, l’infanzia e la grafica. A 18 anni Simone regala ai genitori il primo nipote, Federico e Francesca a 39 Nina.

1968: arriva il ’68; don Milani e Frato

Nell’estate del 1967 legge “Lettera a una professoressa” della scuola di Barbiana che provoca la sua conversione pedagogica. Le certezze sul docente bravo e giusto crollano, capisce che la scuola non può bocciare, che deve promuovere e che questo cambia tutto. Ma il maestro, don Lorenzo Milani è morto da pochi mesi. Propone il libro a un gruppo di amici con i quali nel ’68 apre un doposcuola per aiutare i ragazzi con difficoltà economiche e culturali del quartiere. In quello stesso anno, per rendere più diretta ed efficace la comunicazione delle sue ricerche e riflessioni sulla scuola, nascono le sue prime vignette che firma con lo pseudonimo Frato.

Due anni dopo, nel ’70, legge “Il paese sbagliato” di Mario Lodi. Un maestro di una scuola pubblica, di bambini piccoli, ma lo spirito è lo stesso di quello di Barbiana. Gli scrive, Lodi gli risponde e inizia una grande amicizia che continua fino alla morte di Lodi nel 2014. Nel 1971 Mario Lodi lo introduce nel Movimento di Cooperazione Educativa del quale diventa militante scoprendo che il fondatore, Pino Tamagnini, era il suo professore di tirocinio alle Magistrali di Fano. Da Lodi ha imparato quello che l’Università non era stata capace di insegnargli.

I maestri


Nel 1971 conosce Mario Lodi e nasce un’amicizia che continua fino alla fine della vita di Lodi nel 2014. La foto è del 2010.

Oltre a don Milani e Lodi ha avuto la fortuna di avere come amici molti grandi maestri. Dagli anni ’70 ha seguito con Loris Malaguzzi il sorgere dei nidi e delle scuola dell’infanzia di Reggio Emilia collaborando con lui in spericolate imprese editoriali. Ha collaborato con Gianni Rodari. Era disegnatore di Riforma della Scuola sotto la direzione di Lucio Lombardo Radice che apprezzava e difese sempre la sua satira. Importanti e improbabili estimatori delle sue vignette sono stati anche René Zazò, uno dei padri della psicologia francese, Miret Magdalena in Spagna e Norberto Bobbio. Con Mario Lodi ha collaborato per una decina di anni alla redazione della collana “Biblioteca di lavoro” per la quale scrisse alcuni libretti.

Paliano, Corea, Torino, Arezzo

Dopo i primi anni passati collaborando a ricerche di colleghi più esperti inizia ad entrare nella scuola, come ricercatore, inserendosi nei processi didattici, proponendo sperimentazioni e promuovendo la formazione dei docenti. Segue per alcuni anni la scuola elementare di Paliano (Frosinone) pubblicando articoli che suscitano un forte interesse nell’Istituto Jean-Jacques Rousseau di Ginevra allora diretto da Jean Piaget. Fa parte del Comitato scientifico della scuola Materna Statale sperimentale di Corea di Livorno per la quale propone cambiamenti educativi e dirige la formazione del personale. Per cinque anni segue le attività didattiche di due classi di una scuola elementare di Torino studiando in particolare il problema della valutazione. Per conto della Provincia di Arezzo accompagna l’esperienza dell’apertura dell’ospedale psichiatrico (secondo la legge Basaglia) con un lavoro di formazione per gli insegnanti e operatori dei nidi e delle scuole dell’infanzia comunali.

Cinema, Andrea, Educazione ambientale, Formazione e Televisione

Partecipa come consulente pedagogico e collaboratore alla sceneggiatura alla realizzazione del film per la Televisione il “Diario di un maestro” di Vittorio de Seta, che viene messo in onda in quattro puntate a febbraio del 1972 con un altissimo indice di ascolto dando vita ad un grande dibattito nazionale.

Fra gli anni ’70 e ’90 diventa responsabile del reparto di Psicopedagogia dell’Istituto distaccato presso il Giardino Zoologico di Roma e si dedica, con i suoi colleghi, specialmente a ricerche sulla educazione ambientale. In particolare realizza il programma ANDREA (Archivio Nazionale di Documentazione e Ricerca di Educazione Ambientale) con un incarico e importante finanziamento dei Ministeri dell’Ambiente e della Pubblica Istruzione. Con l’appoggio del Provveditorato agli Studi di Roma organizza un corso triennale di formazione in didattica delle scienze naturali per 24 insegnanti di 12 scuole elementari romane. Al termine del corso in ognuna delle scuole viene allestito un laboratorio di scienze di cui gli insegnanti si occupano. Presso il Reparto si svolgono varie ricerche sullo sviluppo della conoscenza scientifica nei bambini con una intensa partecipazione di classi della scuola dell’obbligo. Alla fine degli anni ’90 riceve dal Presidente del Consiglio Romano Prodi l’incarico di presidente del Comitato Televisione e Minori per la redazione del Codice di Autoregolamentazione. Il Codice viene redatto e approvato da parte di tutte le reti televisive pubbliche e private.

Congdon il maestro di pittura, l’Antologia e lo studio di Cervara

Si è accennato alla vera vocazione di Tonucci: quella artistica, per il disegno, la pittura. Una vocazione che si esprime lungo tutta la sua vita e che rimane completamente nascosta, chiusa nei suoi armadi, cassetti, raccoglitori. Si è occupato in periodi diversi dal ritratto, allo studio di figura, al paesaggio, all’arte sacra, utilizzando le varie tecniche grafiche e pittoriche. Ha sperimentato la ceramica, la scultura. Il questo lungo percorso, negli anni ’60 ha incontrato ad Assisi William Congdon, pittore americano del gruppo di Pollock, che lo ha accompagnato come maestro e che ad un certo punto gli propose di andare a sue spese a New York a studiare con il suo maestro di pittura. Non ha avuto il coraggio di interrompere i suoi studi e di scegliere la pittura in modo definitivo.

Negli anni ’80 La Nuova Italia gli propone di illustrare liberamente e con le varie tecniche i tre volumi dell’antologia per la scuola media “Progetto Lettura”. Produce più di 1000 disegni in bianco e nero e l’opera risulta la più venduta nella storia della scuola italiana del dopoguerra. Dopo questa edizione si pubblica una seconda edizione a colori completamente rinnovata nei disegni e successivamente una terza antologia. I diritti d’autore di queste opere rimangono l’igresso economico di gran lunga più importante della sua vita.

Sempre negli anni ’80 e grazie anche agli introiti dell’antologia può restaurare a Cervara una vecchia casa di famiglia che diventa il suo studio. Un luogo del desiderio, realizzato rispettando le tradizioni edilizie locali legate alla pietra e al legno di castagno, dove nascono i ritratti dei vecchi del paese, i suoi libri e dove passa tutto il tempo possibile giocando con il legno, i colori e i vari materiali. Il suo studio e i boschi di Cervara dove ama andare a cercare funghi, non sempre con fortuna, sono certamente i luoghi da lui più amati.

Per caso in Spagna e per caso in Argentina

Nel 1975, in un convegno del MCE a Brescia regala uno dei suoi primi libri ad una partecipante spagnola. Quell’anno muore Franco ed esplode la democrazia in Spagna Il suo libro viene tradotto e pubblicato. Viene invitato a Barcellona dalla Associazione Rosa Sensat a presentarlo e a tenere un seminario sulla scuola dell’infanzia a settembre del 1976. Da allora torna in Spagna tutti gli anni, più volte l'anno, fino ad oggi percorrendola tutta, isole comprese. Dopo alcuni anni nei quali si esprime in italiano, comincia a parlare spagnolo che migliorerà grazie agli incontri e alla lettura di romanzi piuttosto che con lo studio. Nel 1988, dovendo partecipare ad un convegno internazionale a Florianopolis, in Brasile, chiede all’amica Emilia Ferreiro se può approfittare per andare a trovarla in Messico dove vive. Lei risponde che in quel periodo sarà in Argentina, sua patria, per un anno sabatico. Per questa casualità arriva quindi in Argentina dove tornerà una ventina di volte, invitato da diverse realtà per conferenze, corsi formativi, convegni. Lo chiameranno poi altri paesi dell’America Latina come Messico, Colombia, Brasile, Cile, Uruguay, Perù, Venezuela. Bolivia. Repubblica Dominicana e Costa Rica. In Spagna e America Latina i suoi libri e le sue proposte sono pubblicati e diffusi molto più che in Italia.

1991 La città dei bambini da Fano a Roma


A maggio del 1991 a Fano nasce il progetto “La città dei bambini” di cui è direttore scientifico.

Il 20 novembre 1989 a New York le Nazioni Unite approvano la Convenzione dei diritti dell’Infanzia che nel 1991 viene ratificata dall’Italia. A maggio del 1991 il Comune di Fano organizza una settimana dedicata all’infanzia, chiamandola “La città dei bambini” e chiede a Tonucci di assumerne la direzione scientifica. Egli accetta a patto che non sia solo un evento annuale, ma un progetto politico per la trasformazione delle città assumendo il bambino come parametro. La proposta viene conosciuta e fatta propria da vari comuni italiani, si crea una prima rete nazionale a cui aderiscono Viareggio, S. Giorgio a Cremano, Palermo e varie città vicine a Fano.

Nel 1996, d’accordo con la Giunta di Fano, il coordinamento del progetto e della Rete, ormai internazionale, si trasferisce presso il CNR a Roma e il progetto “La città delle bambine e dei bambini” diviene il programma di ricerca di Tonucci fino ad oggi. Nel ’96 pubblica “La città dei bambini” e nel 2002 “Se i bambini dicono: adesso basta!”. I due libri descrivono il progetto e, pubblicati anche in Spagna e in Argentina ne favoriscono la diffusione. In particolare in Argentina viene assunto come progetto di punta da Hermes Binner, sindaco di Rosario che, divenuto poi governatore della Provincia di Santa Fe, crea una rete provinciale e dà vita ad una rete Latinoamericana che include vari paesi. Oggi si stima che le città della rete internazionale siano più di duecento in una decina di paesi. Un numero basso, ma coerente con l’alto impegno di cambiamento che il progetto richiede agli amministratori che lo assumono. Il libro “La città dei bambini” è stato finora tradotto in otto lingue.

2017 l’inizio della terza vita, da solo

Nel gennaio di questo anno Mariuccia, la donna della sua vita, lo lascia improvvisamente, dopo cinquanta anni di vita in comune e comincia la terza fase della sua vita, quella del dolore e della solitudine. Allietata però dal regalo più bello che lei gli lascia, i suoi tre figli e con quello che questi a loro volta gli hanno dato: i nipoti Federico e Nina. I figli, i nipoti e il lavoro, sempre intenso a favore dei diritti dei bambini, lo costringono a continuare nel suo Istituto, nei suoi viaggi, con i suoi libri e con le sue vignette. Nello stesso 2017 pubblica il libro “Las niñas y los niños piensan de otra manera” e lo dedica “a mi amor”.

La Università di Oviedo gli concede uno dei sei dottorati honoris causa

Premio internazionale alla carriera di Unicef (Spagna)

Riconoscimenti

Ha ricevuto vari riconoscimenti sociali e accademici fra i quali:

  • nel 2003 è stato nominato professore honoris causa della Pontificia Università Cattolica di Lima (Perù);

  • nel 2011 ha ricevuto la medaglia d’oro al merito educativo della Giunta di Andalusia (Spagna);

  • nel 2011 è stato nominato dottore honoris causa della Università Nazionale di La Plata, su proposta della Facoltà di Architettura e Urbanistica;

  • nel 2012 è stato nominato dottore honoris causa della Università Nazionale del Litoral di Santa Fe;

  • nel 2014 ha ricevuto il Premio Marta Mata da parte dell’Associazione “Rosa Sensat” di Barcelona;

  • nel 2015 è stato invitato come relatore in sessione plenaria a ICOT 2015 a Bilbao;

  • nel 2016 è stato nominato dottore honoris causa della Università di Lleida (Spagna);

  • nel 2016 ha ricevuto il premio alla carriera della rivista Psicologia e scuola (Firenze);

  • nel 2017 è stato nominato dottore honoris causa della Università di Oviedo (Spagna);

  • nel 2017 ha ricevuto il premio Andersen alla carriera (Italia);

  • nel 2018 è stato nominato dottore honoris causa della Università Cattolica di Cordoba (Argentina);

  • nel 2019 ha ricevuto il premio internazionale alla carriera di Unicef (Spagna).

Curiosità

Fin dal 1980 sono sorte all’estero scuole che portano il suo nome, la prima fu a Siviglia in Spagna. Attualmente si conoscono la Escola publica F. Tonucci di Lerida e quelle infantili di Almeria e di Huelva in Spagna; il Liceo di Bogotà e il Gimnasio di Cartagena de las Indias di Colombia; altre in Messico. Ci sono anche aule universitarie, spazi scolastici e giardini pubblici con il suo nome.

Nel 1994 René Zazzo uno dei padri della psicologia francese, vuole la pubblicazione del libro di vignette “La solitude de l’enfant” nella collana scientifica Croissance de l’enfant genèse de l’homme, da lui diretta per la Presses Univerisitaires de France (PUF).

Sempre a proposito di Frato, il dottorato honoris causa della Università di Oviedo del 2017 viene assegnato a Francesco Tonucci e a Frato!

A settembre del 1994 nel palazzetto dello sport Delmi di Salta, in Argentina, più di 13.000 maestri assistono a tre conferenze di Tonucci.

Il 25 di aprile 2020, durante la pandemia del Covid 19, tiene un webinar per lanciare una proposta educativa che implica una dinamica di collaborazione tra famiglia e docenti: “La casa come laboratorio”. All’ incontro hanno partecipato 70.000 persone! Il 6 maggio partecipa ad un dialogo con il Ministro argentino dell’educazione Nicolas Trotta, che viene seguito dal vivo da più di 100.000 persone e poi visualizzato nei giorni successivi da più di 200.000.